LA PROPULSIONE A CURVATURA
di Salvatore "Sooran" Carboni



Sommario: Premessa: la propulsione a impulso. Sezione prima: la struttura dello spazio. Sezione seconda: come curvare a piacere lo spazio. Sezione terza: il campo di curvatura. Sezione quarta: la velocita' di curvatura. Sezione quinta: curvatura e paradossi relativistici. Sezione sesta: curvatura e tunnel spaziali. Sezione settima: il motore a curvatura.


PREMESSA: LA PROPULSIONE A IMPULSO


Nel XXIV secolo il volo interstellare fa parte integrante della vita di ogni giorno, come un tempo lo erano gli spostamenti sulla superficie dei pianeti. Le odierne navi stellari offrono un livello di comfort talmente elevato da indurre l'utente medio a considerare il viaggio nello spazio come qualcosa di facile e scontato, senza riflettere sugli enormi problemi scientifici e tecnologici che e' stato necessario risolvere negli ultimi 3 secoli per giungere alle prestazioni attuali, che la maggior parte degli scienziati vissuti nell'epoca pre-curvatura considerava impossibile da realizzare. Tra questi problemi, quello della forma di propulsione ha rappresentato senza dubbio l'ostacolo piu' arduo da superare: prima della scoperta della teoria della curvatura, difatti, la maggior parte delle civilta' conosciute riteneva che il limite della velocita' della luce rendesse praticamente impossibili i viaggi interstellari. All'epoca, difatti, l'unica forma di propulsione conosciuta era rappresentata dai motori a impulso, basati sulla terza legge della dinamica classica. Al fine di comprendere i principi posti a base della teoria della curvatura, e i complessi problemi che ha consentito di risolvere, ritengo opportuno illustrare brevemente i limiti insiti nella propulsione ad impulso, richiamando, quando necessario, le nozioni di fisica classica e relativistica necessari per la loro comprensione. La propulsione ad impulso, come detto, e' fondata sulla terza legge della dinamica classica, conosciuta come principio di azione e reazione: ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria; in altre parole, ogni volta che ad un corpo viene applicata una determinata forza, si genera (per reazione) una forza di pari intensita', stessa direzione e verso opposto. A questo punto e' bene richiamare, per completezza di comprensione, le altre due leggi della dinamica classica. Secondo la prima (principio di inerzia), ogni corpo tende a conservare il proprio stato di quiete (o di moto rettilineo uniforme), sino all'intervento di una forza esterna che modifichi tale stato. L'inerzia puo' essere dunque definita come la resistenza che un corpo oppone alla variazione del suo stato di quiete o di moto. La seconda legge della dinamica classica afferma invece che applicando una forza ad un corpo, lo stesso subisce un'accelerazione direttamente proporzionale alla forza medesima, e inversamente proporzionale alla propria massa (f = m x a). Questa legge e' importante perche' definisce il concetto di massa inerziale [1], ossia di resistenza all'accelerazione: la stessa forza genera accelerazioni uguali in corpi di masse uguali e diverse in corpi di masse diverse. Per applicare una forza ad un corpo occorre, ovviamente, impiegare dell'energia, ossia, con espressione piu' tecnica, compiere un lavoro: l'energia viene difatti definita come la capacita' di un sistema (ad esempio, di un motore) di compiere un lavoro, che e' a sua volta definito come il prodotto della forza applicata ad un corpo per lo spostamento ottenuto [2].Poiche' pero' il discorso rischia di divenire noioso, sara' meglio passare alle navi spaziali.


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